I manoscritti arabo-islamici della Mauritania

di Marco Sassetti

"Solo una piccola parte
della storia della cultura
scritta è stata tipografica"

M. McLuhan, Galassia
Gutemberg, glossa 27

 

"Dimmi, Chinguetti, meraviglia del deserto che cosa nascondono le tue infuocate dune? Il passato delle tue genti e il rilucente spirito di una Terra di cui l'universo si compiace. Dalle cime dei tuoi tesi minareti, verso i cieli la eterna e santa voce di un muezzin richiama gli uomini al felice cammino che porta a Dio,e alla fede nella divina salvezza"

Così traduciamo il cantore poeta Issel Mon o Jdoui che compose una canzone dall'alto delle dune di Cinguetti, settimo luogo sacro dell'Islam e capitale storica e spirituale dell'odierna Repubblica Islamica di Mauritania.Fra il XVII e il XIX secolo la città visse il periodo di maggiore fulgore commerciale ed intellettuale. La prosperità economica poggiava sul commercio del sale, che attirava alla "Fonte dei Cavalli" (significato del nome Cinguetti) le lunghe teorie di cammelli e dromedari dalle rotte carovaniere, carichi di manufatti di prezioso artigianato, a lungo favorito da splendide condizioni di sviluppo.Annualmente innumerevoli carovane intraprendevano la pista per La Mecca, partendo dalla opulenta città mercantile di Cinguetti, protetta dalle dune dai lontani centri rivali, situata all'incrocio di polverose piste carovaniere, raggiunta e visitata, da molti popoli stranieri.Fra le sue strade, nelle abitazione dei "sapienti", stuoli di studenti "che cercano il sapere" ricopiavano il Corano ed altri manoscritti, gelosamente conservati nelle "Biblioteche del Deserto".Questi libri sono presenti in tutta nell'Africa sahariana e saheliana, conservati presso le antiche famiglie, le scuole religiose e le moschee. Si tratta di migliaia e migliaia di manoscritti di origine medievale ormai dimenticati, mai catalogati, la cui distruzione e sparizione sarebbe esiziale per lo studio, la cultura e la storia della civiltà islamica e preislamica. In particolare ricordiamo i manoscritti giacenti nelle antiche città del Sahara Mauritano – Cinguetti, Ouadane, Oualata – continuamente inondate da cumuli di sabbia spinta dal vento, abbandonate dai loro popoli, o quelli accatastati a Timbuctù nel Centre de Recherches Historique, semi abbandonato e privo di risorse.Nel Sahara innumerevoli gli scribi, per centinaia di anni, hanno calligrafato nelle zawiya (scuole islamiche di pensiero e di insegnamento) e nelle moschee, copie di libri comprati dalle università di Kairouan e di Fez, trasportati a dorso di cammello dal Cairo, da Damasco e da Bagdad, con lo scopo di rinnovare e perpetuare la trasmissione del sapere. Si narra che a Oualata un sapiente sceicco fece ricopiare quattro volte l'intera sua biblioteca. A Chinguetti, nel Sahara, si trova la casa di Sid'Ahmed Ould Habott, nobile esponente delle famiglie più antiche, che detiene, trasmessa nei secoli, la più importante biblioteca privata della Mauritania. Discendente di un antico lignaggio di eruditi e di mercanti ha ereditato i 1.500 volumi raccolti dagli avi, già custoditi in una biblioteca aperta al pubblico fin dal XVIII secolo, ora riposti fra le mura e gli anfratti della sua avita casa, insidiata dalle dune come tutto il centro storico. Aprendo questi manoscritti, tutto il pensiero e le conoscenze dell'Islam medioevale, dagli studi coranici alla teologia, dall'astronomia alla storia, dalla matematica alla medicina, dall'algebra alla poesia tradizionale, dalle scienze naturali alla letteratura, rinviene alla luce della mente, dopo secoli d'oblio e dimenticanza. In una intervista rilasciata al nostro grande e compianto amico Attilio Gaudio, il più tenace promotore internazionale per la salvezza del patrimonio della cultura manoscritta di Mauritania, Ould Habott ebbe a dire:

"Vede, da qualche anno la mia casa è diventata un piccolo ateneo internazionale. Arrivano da tutta la Mauritania, ma anche da paesi lontani come la Siria o l'Arabia Saudita, per consultare le opere. In Medio-Oriente sanno che conservo degli esemplari rarissimi, spesso unici, e che nessuno di essi uscirà mai da Cinguetti. E' un impegno solenne che ho assunto con uno dei miei nonni. Le dico solo che possediamo un commentario del Corano di millenni fa, unico al mondo. Chi vuole leggerlo nella sua interezza deve per forza attraversare il Sahara, come i pellegrini che nel Medioevo portavano dall'Oriente i testi più famosi della cultura islamica per farceli ricopiare".

E ha aggiunto:

"Penso che capirà perché noi di Cinguetti, come gli abitanti di Ouadane e di Tichitt, rifiutiamo qualsiasi proposta degli stranieri che smaniano per portarsi via un esemplare autentico. All'imam di Ouadane, povero e malato, un americano ha messo in mano diecimila dollari per il manoscritto di un calligrafo andaluso del Trecento. La risposta è stata: "Tieni i tuoi dollari che non potranno mai comperare la ricchezza dei miei libri".

Questa ultima frase dimostra come la tradizione del collezionismo librario sia stata così radicata nella classe colta di Cinguetti da permanere in spirito e atteggiamento anche quando le condizioni socio-economiche della città si sono radicalmente e tragicamente volte al peggio come al giorno d'oggi, mostrando l'altra faccia della medaglia rispetto ai tramontati mitici tempi così descritti da Leone l'Africano nel XVI secolo: " i libri si vendono talmente bene a Timbuctù che se ne trae maggior profitto che da qualsiasi altra mercanzia", quando sulla piazza di Timbuctù, all'arrivo delle carovane dal Nord, colti collezionisti e studiosi si disputavano i libri calligrafati negli Atelier persiani e yemeniti o della fascia Maghrebina pagandoli l'equivalente del loro peso in oro.I manoscritti Habott risalgono al periodo storico che va dalla penetrazione degli Almoravidi (XII secolo) al principio della colonizzazione francese, e sono stati composti da autori provenienti dalle tribù nomadi come da quelle stanziali nelle antiche città del Sahara quali Chinguetti, Ouadane, Tichitt, Oualata, Tissint, Tamgrout, Timbuctù.. In effetti gli `ulam_a' (dotti religiosi islamici) delle università medievali di Sankoré a Timbuctù, per secoli hanno professato in tutte le discipline allora conosciute, insegnando a migliaia di .tull_ab/.talib_an (studenti) accorsi dall'area del Maghreb e dell'Africa islamizzata. Il più antico manoscritto è stato composto dal teologo Ebi Hilal el-Askeri, ed è autografato nell'anno 480 dell'Egira (1087 d.C.). Dal punto di vista paleografico e codicologico si distinguono un genere mauro (locale) e un genere diffuso nell'area che va dal Marocco all'Egitto (ma.grib_i), oltre ad uno più propriamente di stile mediorientale. Molte di queste opere originali sono di eruditi mauri di Chinguetti, Ouadane, Oualata, Tichitt, Atar.Fra i testi importanti si contano due Corani: uno è un manoscritto mediorientale, calligrafato con miniature da Mu.hammad b. Ab_i al-Qayyim al-Qaww_al al-Tabriz_i. Questo manoscritto è noto con il nome di "Buaïn çafra" (Ab_u `ayn .sfr_a' in arabo classico), "Colui che ha l'occhio giallo", conferitogli dalla miniatura iniziale, un tondo con un cerchio in foglia-oro su cui nel secolo passato l'ex q_a.d_i di Chinguetti, El-Béchir Ben Ahmed Mahmoud, faceva giurare i testimoni. Ancora Attilio Gaudio riporta il pensiero espresso da un altro personaggio importante del mondo Sahariano e Saheliano, il presidente-poeta, Léopold Sédar Senghor, che a Dakar disse:

"Il Sahara è un oceano di sabbia che i mercanti e gli esploratori seppero attraversare molto prima dei mari. Quest'immensa estensione di rocce e di sabbia che dall'Atlantico al Maro Rosso appare come un'invalicabile barriera tra il Mediterraneo e l'Africa Nera, in verità è stata per due millenni un trait d'union indissolubile tra popoli di culture diverse e distanti che comunicavano lungo le piste carovaniere. Lei conosce, come tutti noi, il monito del grande filosofo e letterato peul Amadou Hampaté Ba: "In Africa, quando un vecchio muore è una biblioteca che brucia". Io aggiungo che quando a Chinguetti o a Timbuctù una biblioteca brucia o si disperde è la memoria di mille vecchi che scompare".

Anche l'erudito Ismael Diadié Haidara, in una lettera aperta indirizzata all'UNESCO, avverte che per ogni manoscritto che scompare l'umanità si ritrova più povera e "che è meglio far luce anche soltanto con una candelina piuttosto che maledire l'oscurità".

Articolo pubblicato da Tommaso Palmieri per Osservatorio Mediterraneo onlus